Inclusione e Bisogni Educativi Speciali, valorizzare le differenze
Quello dell’inclusione è un tema sempre molto discusso a scuola e non solo. Sempre più spesso le classi sono eterogenee e questo va visto come una ricchezza, non certo come un problema. La scuola dovrebbe essere uno spaccato del mondo e preparare i ragazzi a diventare parte integrante di una società che fa della differenza un punto di forza, o almeno dovrebbe. Tra i banchi ci sono tante possibili differenze, come il paese di provenienza dei singoli studenti, le loro attitudini e i diversi livelli sociali, economici e culturali delle loro famiglie.
In passato si pensava che il modello corretto da adottare fosse quello di una didattica uguale per tutti, la differenza in questo modo veniva considerata un difformità da gestire, spesso cercando di ridurla per uniformare il gruppo. Oggi si pensa invece che ogni differenza vada riconosciuta e possibilmente valorizzata, per arricchire il gruppo. Un ambiente scolastico che accoglie e valorizza le diversità rendendole occasione di crescita per tutti e non vedendole come un problema è senza dubbio più allineato alla sensibilità attuale.
Quando si parla di diversi approcci e bisogni a scuola si parla di BES, “Bisogni Educativi Speciali”, definizione che si usa nel caso di studenti con problemi nell’apprendimento e nello sviluppo, che possono avere cause organiche, familiari, sociali, ambientali o in combinazione tra diversi fattori. Queste difficoltà possono essere globali o settoriali, gravi o più leggere, permanenti o transitorie. Come è facile capire quindi non esiste una ricetta comune per gestirle tutte.
Alcuni dei Bisogni Educativi Speciali sono certificabili e danno quindi diritto a risorse aggiuntive nella classe, ovvero al cosiddetto insegnante di sostegno. Situazioni non certificabili, come ad esempio un ragazzo che si trova in difficoltà a causa della separazione dei genitori, non prevedono sostegno, ma vanno comunque segnalate al collegio docenti affinché si attivi per mettere in atto speciali modalità di lavoro “inclusive”. Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Il concetto di inclusione al quale oggi la scuola fa riferimento affonda le sue radici nella Conferenza Mondiale UNESCO di Salamanca, del 1994, dove si affrontò proprio il tema di bisogni e difficoltà educative.
L’inclusione è, innanzitutto, una scelta etica e culturale fatta dalla scuola, che si orienta verso un ambiente educativo pensato per accoglie tutti e offrire pari opportunità senza escludere nessuno, anche se questo richiede una riorganizzazione didattica di tutta la classe. Quando si parla di inclusione, non si può però lasciare sola la scuola, serve una rete che comprenda oltre all’istituzione scolastica, famiglia e servizi territoriali. Serve insomma un lavoro di squadra.
Ogni ragazzo che vive l’esperienza scolastica sia che abbia bisogni comuni o speciali è inserito prima di tutto nel gruppo della sua classe e ha il diritto di sfruttare al meglio le risorse della comunità scolastica, fatta appunto di altri studenti, famiglie, docenti, educatori e collaboratori. Sarà poi compito del dirigente scolastico relazionarsi con le strutture del territorio per fare della scuola un ambiente che risulti il più possibile aperto e integrato al contesto sociale.
Dall’inclusione, quella vera, passa una scuola aperta, che risulti veramente ricca e vitale e che sappia gestire le differenze e trasformarle in risorse per la crescita del gruppo.